Psicoterapia

Quando non si sta più bene, ricorrere alla psicoterapia è un atto di cura e attenzione verso se stessi. Quando emerge la consapevolezza che il malessere può dipendere da comportamenti sbagliati, da scelte che non sono sentite come proprie, da pressioni e condizionamenti esterni, piuttosto che da una mentalità sentita come opprimente, allora può essere utile parlare con uno psicoterapeuta. Occorre prestare attenzione ai segnali di disagio come l’insonnia, le tensioni, le difficoltà relazionali protratte e irrisolte con i propri cari o i colleghi di lavoro, prima che questi segnali diventino sintomi o malattie propriamente dette.

Le crisi d’ansia o da attacchi di panico, le fobie con condotte di evitamento (non riuscire a usare l’ascensore o guidare in un tunnel o salire su un aereo per esempio), l’eccessiva instabilità dell’umore, in flessione (depresso) o al contrario tendenza all’euforia (ipomaniacale), i disturbi della condotta alimentare (abbuffate, diete restrittive), l’uso inappropriato di farmaci a scopo di automedicazione e la dipendenza da queste o altre sostanze sono già dei quadri psicopatologici sui quali intervenire.

I colloqui di psicoterapia, in genere a cadenza settimanale, hanno lo scopo di aiutare a recuperare il benessere, a trovare il senso del disagio che si sta vivendo, a comprendere le ragioni per le quali un sintomo si è manifestato proprio in quel momento della vita, a vedere quali “vantaggi secondari “ offre. La relazione terapeutica, attraverso le funzioni di contenimento e rispecchiamento, permette di focalizzare e comprendere in cosa non si è più gli stessi. Lo scopo di una psicoterapia è recuperare l’equilibrio psicofisico, favorire il cambiamento e un migliore adattamento.
La psicoterapia è uno dei principali campi di attività degli psicologi con titolo di specializzazione. E’ una forma di intervento basata su tecniche specifiche e validate scientificamente, utilizzate per la diagnosi, la cura e la prevenzione delle ricadute dei disagi emotivi e dei disturbi psichici. La psicoterapia è anche un valido supporto nell’accompagnamento di malattie psicosomatiche o croniche come le malattie tumorali, cardiovascolari, eccetera.

Gli effetti della psicoterapia producono una riduzione clinicamente significativa dei sintomi fino alla loro totale remissione, contribuendo al miglioramento della qualità di vita e alla ristrutturazione della personalità.

Psicologia clinica

La psicologia clinica si occupa dello studio scientifico e delle applicazioni della psicologia in merito alla comprensione, prevenzione, intervento e riabilitazione delle problematiche psicologiche e relazionali, a livello individuale, famigliare e gruppale.
La psicologia clinica cerca di situare il disagio psichico e i sintomi correlati all’interno del funzionamento globale dell’individuo, in modo da capirne la struttura di personalità, ma anche il modo di porsi di fronte alle relazioni ed i meccanismi di difesa utilizzati, così da poter valutare quale funzione svolgono i diversi fattori psichici all’interno della situazione problematica. 

Quali sono le attività principali dello psicologo clinico? Lo psicologo clinico opera  nella prevenzione primaria delle condizioni di disagio personale e relazionale,  é coinvolto con la  promozione del benessere psicologico e psicosociale, si adopera all'identificazione precoce delle problematiche psicologiche o patologie; si impegna a riconoscere il corretto inquadramento dei fattori psicologici, personologici, famigliari, relazionali, ambientali e contestuali che generano e mantengono il disturbo o la difficoltà psicologica. 

Quali sono gli strumenti? Lo psicologo clinico può adottare vari strumenti come le consulenze, i colloqui strutturati, le indagini testistiche e le tecniche di sostegno psicologico.
Da ricordare tuttavia, che il termine "clinico" non si esaurisce, come erroneamente a volte si ritiene, nella pratica psicoterapeutica, dunque la psicologia clinica non é sovrapponibile alla psicoterapia.

Dove lavorano gli psicologi clinici in Svizzera? Psicologi clinici possono esercitare in cliniche psichiatriche, in centri di psicosomatica e di riabilitazione neuropsicologica, oltre che privatamente.
La figura dello psicologo clinico può inoltre essere presente anche negli ospedali somatici, nei centri di prima accoglienza, oltre che negli istituti per l'esecuzione delle pene e delle misure. 

Quali sono stati gli sviluppi degli ultimi anni nel campo della psicologia clinica? Se l’intervento dello psicologo clinico era una volta principalmente limitato agli ospedali, l'evoluzione della psichiatria ha implicato uno spostamento verso il settore ambulatoriale. Tuttavia, il supporto per le persone con gravi disturbi mentali in ambito ospedaliero rimane l’attività principale.

Nel nostro Cantone si cerca di operare in rete, collaborando con varie figure professionali.


Psicologia della salute

Gli psicologi della salute conducono ricerche, effettuano consulenze, stabiliscono diagnosi e pianificano interventi nei campi della promozione e della conservazione della salute, del cambiamento dei comportamenti legati allo stato di salute e in particolare nella gestione dello stress e delle malattie. Affrontano i fattori individuali, sociali e strutturali legati all'insorgenza, al trattamento e alla guarigione delle malattie. Gli psicologi della salute sono attivi nella consulenza e nel sostegno alle persone malate e ai loro parenti. Contribuiscono inoltre al miglioramento del sistema sanitario integrando gli aspetti psicologici (per esempio, promuovendo la comunicazione tra il personale medico e i pazienti). Si basano su un approccio "bio-psico-sociale" alla salute, che tiene conto dei fattori di influenza biologici, psicologici e sociali e delle loro interazioni reciproche.

Psicologia dell'infanzia e adolescenza

Quando come psicologi ci si confronta con l’infanzia e l’adolescenza non si può prescindere da chi è responsabile del bambino o dell’adolescente e quindi dai genitori, dalla famiglia e dal loro ambiente scolastico.

I bambini e gli adolescenti attraversano varie fasi di sviluppo e nei momenti di transizione da una fase all’altra, possono diventare più fragili. Possono presentare alcune difficoltà in diverse aree, quali disturbi del comportamento, difficoltà di apprendimento, paure o fobie, disturbi del sonno e dell’alimentazione, o del linguaggio, soprattutto per quanto riguarda la prima infanzia.

In adolescenza invece possono essere presenti stati d’ansia, d’isolamento, disagio nella relazione con i coetanei, sofferenze in campo amoroso, disagio rispetto al proprio corpo, crisi rispetto alla propria identità, o rispetto al proprio progetto di vita, tensioni con i genitori, problemi a scuola, pensieri autodistruttivi, etc.

Possono esserci situazioni familiari difficili come separazione e divorzio, o una malattia di qualche membro della famiglia, situazioni nelle quali bambini e adolescenti possono segnalare dei disagi o sviluppare delle difficoltà.

Nella maggioranza dei casi, la richiesta di un intervento psicologico non parte quasi mai esplicitamente dal bambino o dall’adolescente. Di solito il malessere è segnalato da chi è in una relazione quotidiana con lui e ne segnala il malessere.

Lo psicologo specialista dell’infanzia e dell’adolescenza deve principalmente sapere porre una diagnosi rispetto alle tappe di sviluppo, su questa base dare dei consigli, suggerire delle soluzioni educative poi eventualmente proporre la necessità di un intervento terapeutico. Distingue in questo senso quanto è proprio della tappa di sviluppo e quanto invece se ne discosta, a volte considerando anche quanto appartiene ad altri ambiti socioculturali. Lo psicologo in quest’ambito deve quindi possedere delle buone competenze nell’ambito della mediazione, interagendo con l’ambiente di provenienza del bambino o adolescente.

Lo psicologo sostiene inoltre i genitori aiutandoli a riscoprire e rafforzare le loro competenze educative per promuovere lo sviluppo psichico dei loro figli favorendo una crescita armoniosa.

Può anche intervenire in ambito istituzionale, scolastico o educativo, all’interno del quale operano diversi servizi cantonali.

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Neuropsicologia

La neuropsicologia è un campo della psicologia che studia le relazioni fra il sistema nervoso centrale e il funzionamento cognitivo e il comportamento. Essa si occupa di pazienti di tutte le età che presentano delle lesioni cerebrali che possono essere presenti dalla nascita ma che nella maggior parte dei casi sono dovute ad una malattia (ad es. incidenti vascolari cerebrali, tumori cerebrali, malattie degenerative, ecc.) o a un trauma cranio-cerebrale.

Il neuropsicologo ha come compiti la valutazione e il trattamento dei disturbi cognitivi e comportamentali dovuti ad una lesione cerebrale. Egli deve inoltre poter consigliare le persone che interagiscono con il paziente come ad es. le altre figure professionali che si occupano di lui, i familiari, il datore di lavoro, ecc.

La valutazione neuropsicologica è un esame dettagliato che richiede ca. 2-3 ore e comporta un colloquio con il paziente ed eventualmente con i familiari, durante il quale si chiariscono quali sono le ripercussioni del danno cerebrale nella vita quotidiana. Vengono in seguito esaminate le diverse capacità cognitive tramite dei test specifici. Una volta stabilite quali funzioni sono deficitarie e quali invece sono conservate è possibile decidere se un trattamento neuropsicologico è indicato e fissare gli obiettivi della presa a carico.

Il trattamento neuropsicologico ha come scopo il miglioramento delle funzioni cognitive del paziente. Poiché un recupero completo è raramente ottenuto, bisogna favorire l’adattamento e la compensazione delle difficoltà persistenti nella vita quotidiana. E’ inoltre importante che il paziente e i familiari vengano sostenuti nella difficile accettazione delle conseguenze della lesione cerebrale. Tenendo conto dei limiti imposti dalla nuova situazione e delle capacità residue, il paziente dev’essere aiutato a reintegrarsi il meglio possibile nell’ambito familiare, sociale e professionale.

In sintesi, la neuropsicologia si pone come obiettivi di evidenziare dei disturbi cognitivi e/o comportamentali causati da una lesione cerebrale, di valutare le conseguenze sociali e professionali di tali disturbi e di porre le basi di un adeguato trattamento con la prospettiva di permettere al paziente di ritrovare la massima autonomia possibile.

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Psicologia del traffico

La psicologia del traffico é una  disciplina della psicologia che studia il comportamento in materia di circolazione che sia su strada, su rotaia, sull'acqua o nello spazio aereo.

Le attività pratiche dello psicologo del traffico si focalizzano verso l'identificazione e la promozione dei comportamenti adeguati durante la conduzione dei vari mezzi.

Lo psicologo del traffico svolge i compiti della valutazione diagnostica, del sostegno al recupero delle attitudini e alla riabilitazione delle competenze necessarie alla guida.

L'utenza con cui si confronta il professionista è prevalentemente composta da persone che hanno commesso gravi infrazioni della circolazione oppure persone che hanno ripetutamente fallito gli esami per l'ottenimento del permesso di condurre. 

Lo psicologo del traffico svolge anche una funzione preventiva: svolge formazioni rivolte ai docenti di scuola guida, coadiuva i legislatori nei dibattiti e partecipa alle scelte politiche in materia di circolazione. Può inoltre offrire consulenze nella progettazione di campagne di prevenzione sui rischi legati alla circolazione e partecipare all'attività di pianificazione della circolazione per il futuro.

In futuro la psicologia del traffico, grazie alle maggiori conoscenze in ambito diagnostico e procedurale, collaborerà sempre più con altre discipline come l’economia, la medicina e l’ingegneria.

I cambiamenti repentini dei tessuti urbani portano ad  incessanti trasformazioni anche nelle modalità di circolare delle persone, di conseguenza  le competenze professionali dello psicologo del traffico saranno sempre più necessarie al fine di promuovere una guida sicura e ridurre gli incidenti della circolazione.

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Psicologia dello sport

La psicologia dello sport ricopre uno spazio autonomo all'interno della psicologia e delle scienze dello sport. Si interessa ai processi cognitivi e alle abilità psicologiche inerenti ai processi di autoregolazione, ai processi motivazionali, ai differenti ruoli in ambito sportivo (atleta, allenatore, ecc.), ai programmi sportivi per l'infanzia, per il benessere e la salute, alle abilità interpersonali e alle dinamiche di gruppo.

Lo psicologo dello sport lavora in ambiti diversi con obiettivi e mezzi differenziati. Dall'avviamento allo sport, alla consulenza allo sportivo di punta, passando dallo sport giovanile e da quello amatoriale o dilettantistico. Come per tutti gli ambiti della psicologia, la relazione costituisce la base del lavoro in comune con il consultante.

Nell'avviamento allo sport l'attenzione è posta sulla definizione delle attitudini e motivazioni dei bambini, l'accento sul piacere connesso all'attività stessa. Lo psicologo affianca e forma tecnici e allenatori sulle dinamiche personali e di gruppo relative alle classi di età.

Nello sport giovanile si lavora a contatto con l'allenatore nella gestione di situazioni conflittuali, individuali e di gruppo (ansia pre-gara, gestione dei carichi di lavoro, comunicazione, conduzione del gruppo). Molta attenzione è dedicata a mettere allenatori e giovani nelle migliori condizioni per lavorare assieme con piacere tenendo in conto gli obiettivi comuni.
In ambito dilettantistico lo psicologo dello sport svolge attività di consulenza individuale o di gruppo nell’ambito della gestione della motivazione, dell’attenzione e concentrazione, nella definizione degli obiettivi a breve, medio e lungo termine offrendo altresì assistenza in allenamento e in gara.

Nello sport di alto livello l'accento è posto soprattutto sulla prestazione. L’obiettivo dello psicologo in questo ambito è quello di promuovere le condizioni, individuali e di gruppo, organizzative, comunicative e gestionali, che permettano all’atleta/squadra di essere in una condizione psicologica ottimale per affrontare l’impegno in allenamento e in gara riuscendo a trarne  massimo profitto.

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Psicologia legale

La psicologia legale, è una branca della psicologia che si occupa dei processi psicologici relativi ai diversi aspetti della dimensione giuridico-forense. La psicologia legale gode del contributo di altre discipline, come il diritto penale e la criminologia e svolge un ruolo tecnico nella comprensione di rilevanti casi giudiziari, di concerto con altre figure professionali quali magistrati, avvocati e altri consulenti. Nei primi decenni del ‘900 la psicologia legale corrispondeva, in larga parte, alla psicologia criminale e giudiziaria, intesa come studio dell’uomo sia come autore di reato che come partecipe del processo giudiziario in quanto imputato, parte lesa, testimone, avvocato e giudice (De Leo, 1995). In tal senso la psicologia svolgeva un ruolo di scienza ausiliaria del diritto, tentando alcune applicazioni della psicologia sperimentale in ambito giudiziario in risposta a specifiche richieste del diritto (Berti, 2002). Nel corso degli anni la disciplina è evoluta e oggi la psicologia giuridico-legale ha acquisito un significato più ampio sia a livello teorico che a livello pratico. A livello teorico, vengono utilizzate nozioni e categorie psicologiche al fine di analizzare ed esaminare il sistema della giustizia attraverso esperimenti in laboratorio e sul campo. A livello pratico, invece, la competenza psicologica viene richiesta sia come ausilio per l’emissione di sentenze, sia per tutelare interessi di parte. 
Lo/la psicologo/a legale (giuridico) s'interessa a vari fenomeni sociali quali: il comportamento deviante degli adulti e dei minori , la violenza come espressione di problemi psicologici e di comportamenti criminali , la pericolosità e la sua predizione (diagnosi , le misure e le sanzioni, il maltrattamento fisico, sessuale e psicologico degli adulti e dei minori), l'attendibilità delle vittime e dei testimoni, le situazioni di adozione, di divorzio (diritti di custodia, autorità parentale, intrattenimento delle relazioni personali, ecc..), la capacità di discernere, il diritto individuale dei diritti civili e la loro sospensione legale, la perizia giuridica, la valutazione psicologica e/ o il trattamento che verte su tutte le popolazioni in contatto con l'universo della giustizia, i metodi di gestione delle istituzioni della polizia, delle istituzioni giudiziarie e delle carceri.

Quali sono le attività dello psicologo legale in Svizzera?

  • Attività di consulenza presso i servizi giuridici che conducono a missioni di perizia presso adulti e minori, secondo la domanda delle istanze giuridiche. Tra queste facciamo notare: le perizie civili che riguardano la tutela e la curatela, l'attribuzione della custodia e delle modalità di relazione tra genitori e bambini nei casi di separazione e di divorzio; le perizie penali che riguardano la parte di responsabilità degli autori d'infrazioni, la predizione di pericolosità, l'attendibilità delle vittime e dei testimoni, eventuali disagi intellettuali, psicopatologici e neuropsicologici e l'elaborazione di un progetto terapeutico sotto controllo giuridico.
  • Attività terapeutiche in istituto o in privato con terapie per adulti e minori sotto controllo giuridico, producendo, previa domanda dell'autorità legale, dei rapporti sullo sviluppo del trattamento. 
  • Attività di consulenza all'interno degli istituti legati all'universo carcerario, applicazione di misure e pene giuridiche, protezione dell'infanzia e della gioventù, come nei programmi di prevenzione e di studio di nuove disposizioni legislative. 
  • Attività d'insegnamento per la formazione continua degli psicologi, degli assistenti sociali, dei medici, e dei professionisti che lavorano nell'universo carcerario o di supervisione nelle misure penali, di avvocati e giudici come della formazione continua di avvocati, giudici e altre figure coinvolte.

Tratto dal “Manuale di Psicologia Giuridica, (a cura di) A. Quadrio e G. De Leo, LED- Milano”. Associazione Svizzera psicologia legale

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Psicologia del lavoro e delle organizzazioni

La psicologia del lavoro o psicologia delle organizzazioni è lo studio dei comportamenti delle persone nel contesto lavorativo e nello svolgimento della loro attività professionale in rapporto alle relazioni interpersonali, ai compiti da svolgere, alle regole e al funzionamento dell'organizzazione.

In altre parole, la psicologia delle organizzazioni prende i modelli e le teorie della psicologia e li applica all'ambiente di lavoro, cercando di:
  1. favorire sia il massimo benessere per le persone che lavorano, sia il massimo vantaggio per l'organizzazione per cui lavorano;
  2. migliorare le condizioni psicologiche, la motivazione ed i rapporti con gli interlocutori, con l'azienda e con l'ambiente di lavoro in genere. 

La psicologia delle organizzazioni, quindi, utilizza molti degli aspetti propri della psicologia generale, della psicologia dei gruppi nonché elementi della psicanalisi nell’ambito organizzativo-gestionale.

La psicologia del lavoro e la psicologia delle Organizzazioni sono due discipline unite nel loro complesso ma distinte da alcune peculiarità.

La psicologia del lavoro si occupa dell'analisi psicologica delle interazioni tra individuo e attività lavorativa. All'individuo è richiesto lo svolgimento di un compito all'interno dell'organizzazione.  Tale compito comprende al suo interno numerose variabili che vanno a influenzare l’operato dell'individuo stesso: il carico di lavoro, l'ambiente lavorativo, gli atteggiamenti verso l'attività lavorativa, le caratteristiche della persona e le sue aspettative, il clima lavorativo ecc.

La psicologia delle organizzazioni si occupa dell'analisi psicologica del comportamento di individui e gruppi in relazione al funzionamento delle organizzazioni. In questo campo l'individuo è visto come un soggetto membro di un gruppo definito organizzazione. Sono analizzati in quest’ambito i sistemi di interdipendenza tra individui ed organizzazione che portano al raggiungimento di uno scopo comune e le relazioni che possono portare miglioramenti all'interno del gruppo.

I campi d'applicazione sono soprattutto: La comunicazione (assertività, conflitti e la loro gestione, disfunzioni nella comunicazione, processi, eccetera), la Leadership, la valutazione oggettiva, la motivazione al lavoro, la formazione e lo sviluppo di competenze , le dinamiche di gruppo, lo sviluppo della carriera, l’orientamento e ri-orientamento, il benessere in azienda.

Quali sono le attività principali dello psicologo del lavoro?

Gli psicologi del lavoro svolgono attività di consulenza all'interno delle aziende relativamente:

  • A processi di selezione e valutazione oggettiva (test, questionari, Assessment Centre)
  • All’elaborazione di processi di Talent Management e piani di carriera
  • Alla formazione e allo sviluppo di competenze di collaboratori e Manager (Training, coaching e supervisioni individuali e di gruppo)
  • Al miglioramento delle condizioni benessere e di conseguenza di produttività (analisi di clima aziendale)
  • Al lavoro in gruppo (Teambuilding, analisi di dinamiche relazionali, diversità)
  • Alla ricollocazione nel mondo del lavoro delle persone in mobilità (orientamento e riorientamento)
  • All’elaborazione di modelli di competenze, architetture formative a livello organizzativo e progetti di sviluppo, nonché all’analisi culturale e valoriale 

Gli individui all’interno delle aziende possono rivolgersi agli psicologi del lavoro relativamente:

Al miglioramento delle condizioni di benessere e della motivazione al lavoro

In quest’area rientrano gli interventi:
  • A prevenzione del Burn Out e alla gestione dello stress
  • A sostegno in situazioni di crisi e nella gestione di cambiamenti (fusioni, licenziamenti cambiamenti nell’immagine della figura dell’individuo nel suo ruolo professionale,…)
  • A sostegno dell’autorealizzazione professionale
  • Di Empowerment intesa come la capacità d’influenzamento, recupero della dimensione relativa alla propria autonomia e potere sulle proprie scelte e decisioni
  • Della Self-Leadership e autostima
  • Di bilancio delle competenze individuali

Allo Sviluppo della collaborazione tra colleghi

In quest’area rientrano gli interventi:

  • A sostegno dell'acquisizione della capacità di lavorare in gruppo
  • Rivolti alla gestione dei conflitti e delle conversazioni cruciali
  • Rivolti al miglioramento dell’assertività e alla comunicazione generativa


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Psicologia dell'emergenza

Ad ognuno di noi può capitare di subire un evento potenzialmente traumatico che può scombussolare la nostra quotidianità. Possiamo essere stati coinvolti in un incidente, avere vissuto in prima persona una catastrofe naturale come una frana, una valanga o un incendio, avere subito il suicidio di un congiunto o essere stati testimoni oculari di fatti violenti. Questi avvenimenti così imprevedibili hanno la forza di destabilizzarci e dobbiamo fare fronte a molteplici reazioni psicofisiche; il nostro sonno è disturbato, abbiamo difficoltà di concentrazione o vuoti mentali, siamo assillati da pensieri ossessivi o soffriamo di sensi di colpa e impotenza, paura o tristezza, ci isoliamo dal mondo che ci circonda o consumiamo maggiormente sostanze quali tabacco o alcol. Tutte queste reazioni sono normali dopo un evento abnorme.

La psicologia dell’emergenza è quella branca della psicologia che si occupa delle reazioni degli individui a seguito di un evento di calamità e potenzialmente traumatico. Lo psicologo dell’emergenza applica le sue conoscenze trasversali per aiutare i soggetti coinvolti a ristabilire il benessere perso dopo aver subito un trauma. Si tratta in modo particolare di ristabilire quell’equilibrio psicofisico presente prima dell’evento traumatizzante e rimarginare la ferita che si crea dopo un evento di questa portata attraverso dei colloqui strutturati. Gli interventi iniziano al momento dell’evento e solitamente terminano quando la persona ha riacquistato la sua autonomia. Se i disturbi psichici proseguono nel tempo, in quel caso è opportuno richiedere un aiuto psicoterapeutico specifico.

Lo psicologo dell’emergenza oltre ad avere conoscenze in ambito psicologico e avere ottenuto una formazione psicoterapeutica, dispone di un’ulteriore specializzazione nell’ambito delle calamità.

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Psicologia oncologica

La diagnosi di malattia oncologica provoca sofferenza alla persona colpita dalla malattia e alla sua famiglia. Emozioni, paure, ansie fanno la loro comparsa accompagnate da timori e preoccupazioni per il futuro e per come introdurre ed approfondire il tema della malattia nel contesto familiare e relazionale.

Il partner e i figli vivono l’incontro con la malattia con analoghi vissuti emotivi e preoccupazioni, che vengono però spesso taciuti o negati nella speranza di preservare il familiare colpito dalla malattia da ulteriori sofferenze. Questo comportamento rischia di isolare e bloccare ognuno nella propria preoccupazione, impedendo la condivisione dei vissuti emotivi, che faciliterebbe l’accettazione della malattia da parte di tutti.

La dimensione psicologica e relazionale rappresenta un elemento di peculiare importanza in oncologia. Il personale di cura (medici, infermieri, assistenti di cura) deve apprendere a tollerare e contenere le reazioni emozionali e affettive dei pazienti e delle loro famiglie, sviluppando una particolare sensibilità rispetto alla percezione dei segni di disagio e dei limiti insiti nelle possibilità di adattamento del paziente stesso alla malattia.

L'importanza di poter offrire un sostegno psicologico al paziente oncologico durante il percorso di malattia, è stata ampiamente  dimostrata sia nella pratica clinica che nella letteratura scientifica specifica. Spesso il bisogno di un supporto psicologico non si manifesta al momento della diagnosi o quando l'iter terapeutico è in corso ma viene richiesto, in modo esplicito o implicito, al termine delle cure, quando l'agenda terapeutica si snellisce per far posto ai controlli di routine.

Il senso di abbandono e l'ansia, di dover gestire improvvisamente da soli il lasso di tempo fino al successivo controllo, porta i pazienti a sentirsi soli di fronte alla malattia. Una solitudine che per alcuni è il primo vero incontro con la malattia fino ad allora condivisa con i curati.

Non sempre l’aiuto psicologico è volto ai pazienti; sempre più spesso assistiamo all'emergenza di richieste di sostegno da parte del coniuge e/o dei figli. Sono bisogni legittimi, richieste da accogliere e prendere seriamente in considerazione anche se appaiono timidamente e talvolta accompagnate da sentimenti di colpa e inadeguatezza. Sta al personale curante dare il giusto ascolto e la giusta rilevanza a queste richieste, quasi sempre espresse "sottovoce", per valorizzare gli sforzi e le difficoltà di tutte le persone coinvolte nella presa a carico del paziente oncologico.

La psiconcologia risponde all'esigenza di una riflessione specifica sui processi psichici implicati nell'adattamento dei pazienti alla malattia e sulla valutazione della loro qualità di vita.
Deve quindi fornire strumenti utili alla formazione di tutte le figure professionali coinvolte nella cura e proporre strategie efficaci nel sostegno psicologico al malato e ai suoi cari.
Si tratta di un insieme di conoscenze competenze in costante evoluzione, sulle quali si fonda l'identità professionale dello psiconcologo.

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Psicologia nell'approccio alla persona anziana

L’allungamento della vita media e il consistente aumento della fascia di popolazione anziana, hanno evidenziato l’esistenza di nuovi bisogni psicologici. Questi si aggiungono ai bisogni di tipo medico, legati all’aumentata fragilità fisica, e a quelli di integrazione sociale, legati alla possibilità di adattamento a una società che regola offerte, bisogni e possibilità di trovare appartenenza e riconoscimento. La senescenza, ossia il processo di normale invecchiamento, rappresenta sicuramente la trasformazione e l’abbandono di numerosi aspetti che ci hanno contraddistinto nel corso della nostra vita, e allo stesso tempo ridefinisce la specificità e l’unicità della persona, che invecchia.

Non si tratta di proporre una visione illusoria della senescenza: i cambiamenti organici e psichici esistono e non sono facili da integrare nella continuità del proprio divenire, ma la negatività che sembra indissolubilmente esservi legata, in un’ottica che vede l’essere umano costruttore di significati, può assumere valenze rappresentazionali completamente diverse. In questo senso l’invecchiamento rappresenta sicuramente una “chance individuale”, oltre a costituire una sfida collettiva.

Il disagio psichico in età avanzata può emergere in un contesto di invecchiamento fisiologico legato a crisi che necessitano di un riadattamento – lutti, separazioni, senso di inutilità o inadeguatezza -, che in vecchiaia assumono un rilievo particolare, a sofferenze precedenti, che la realtà attuale fa riemergere, o che si presentano come continuità di malesseri o patologie che hanno caratterizzato l’esistenza della persona.

Un accompagnamento psicologico, o una psicoterapia (in funzione dell’esigenza della persona che lo richiede) rappresentano una delle risposte possibili alla sofferenza psichica anche in vecchiaia.

L’opportunità di riconoscere in età avanzata la sofferenza psichica con pari dignità di quella fisica, e soprattutto la capacità di distinguerla da forme patologiche, frequentemente confuse con un normale andamento dovuto all’età – in particolare depressione e demenza che non fanno invece parte di un invecchiamento fisiologico – derivanti da due processi paralleli.

Oltre a una presa a carico psicologica-psicoterapeutica individuale, in caso di istituzionalizzazione delle persone anziane, accanto ad un accompagnamento  o psicoterapia singola o di gruppo, diventa importante seguire, a partire dai parametri gerontologici e geriatrici attuali, anche l’entourage della persona stessa – operatori e familiari.

In particolare per le situazioni dementigene, offrire supporto, supervisione e formazione alle persone, che si occupano del paziente, è fondamentale per favorire il più possibile il benessere del paziente stesso, dei suoi cari e dei suoi curanti.

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